Cronaca

Morte Domenico Fatigati: siamo tutti complici di un sistema che uccide nell'indifferenza e nell'oblio

La Procura di Avellino ha aperto un'inchiesta, ma quanto sarà sufficiente questa indagine per lenire il dolore di una famiglia spezzata e la rabbia di una comunità che grida vendetta?

Foto Avellino Today

La notizia si fa strada come un ruggito sordo nella coscienza pubblica: un altro lavoratore ha perso la vita nelle viscere di una fabbrica. La Procura di Avellino ha aperto un'indagine, ma quanto basta questo per fermare l'onda di dolore e indignazione? Domenico Fatigati, un uomo di soli 52 anni, di Acerra, non è più tra noi. Il suo destino è stato segnato da una fatalità incomprensibile, dentro gli ingranaggi del suo stesso lavoro. Manutentore di professione, stava svolgendo il suo compito nel reparto basamento motori quando il destino ha deciso di spezzargli l'esistenza. È rimasto schiacciato da un macchinario, una sorte crudele che ha posto fine alla sua vita, lasciando dietro di sé solo interrogativi e disperazione.

E ora cosa succede? Le "cause ancora da chiarire" sembrano essere l'eterna scusa per nascondere l'incompetenza e l'indifferenza che marciano nelle viscere di queste fabbriche. Le indagini, coordinate da chi ha il dovere di portare giustizia, si susseguono come gli ingranaggi di un sistema corroso. Il procuratore capo, Domenico Airoma, affida il compito al pm di turno, Luigi Iglio. Ma quanto sarà sufficiente questa indagine per lenire il dolore di una famiglia spezzata e la rabbia di una comunità che grida vendetta? Il macchinario viene sequestrato, l'area dello stabilimento isolata, come se bastasse questa mossa formale a riparare il vuoto lasciato dalla vita perduta. Intanto, come se fosse un'offesa suprema alla memoria di Domenico Fatigati, si proclama una "giornata di solidarietà" in azienda. Una mossa ipocrita che tenta di mascherare il dolore con il business as usual, come se la vita umana fosse solo un costo da bilanciare sul libro mastro delle perdite e dei profitti.

Chiediamo la giustizia vera, quella che cambia le regole del gioco

Ma la rabbia non può essere domata da gesti simbolici e discorsi di circostanza. La morte di Domenico Fatigati è un urlo che squarcia il silenzio complice di una società che continua a sacrificare le vite dei suoi figli sull'altare della produttività e del profitto. Chiediamo giustizia, non solo quella che si compie nei tribunali, ma quella che cambia le regole del gioco. Chiediamo rispetto per la dignità umana, per il diritto di ogni lavoratore a tornare a casa sano e salvo dopo una giornata di fatica. Chiediamo controlli serrati, normative più stringenti, responsabilità che vadano oltre il mero atto formale di un'indagine giudiziaria.

La morte di Domenico Fatigati non può essere solo una statistica, una nota a margine sui giornali locali. Deve essere un monito, un grido d'allarme che ci ricorda quanto sia fragile la sottile linea tra la vita e la morte nei luoghi di lavoro. E se non alziamo la voce ora, se non trasformiamo questa rabbia in azione, allora saremo complici di un sistema che uccide nell'indifferenza e nell'oblio. Onoriamo la memoria di quest'uomo e dei tanti martiri del lavoro non con minuti di silenzio ipocriti, ma con un impegno concreto a cambiare le cose. Che la sua morte non sia stata invano, ma sia la scintilla che accende la lotta per un mondo del lavoro più umano, più giusto, più sicuro per tutti.


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