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Us Avellino, ecco la formazione top 11 della Serie A

Gli undici migliori calciatori che hanno vestito la maglia biancoverde nel decennio 1978-88

Ritorna il nostro consueto appuntamento con la rubrica amarcord sportiva, dedicata alle due realtà più importanti della nostra provincia: l'Us Avellino e la S.S. Felice Scandone.

Oggi, vi proponiamo una formazione davvero speciale, comprendente gli undici migliori calciatori che hanno vestito la maglia biancoverde nei dieci anni di Serie A del club irpino, dal 1978 al 1988. 

Andiamo a scoprire, dunque, la formazione top 11 del'Unione Sportiva Avellino.

Il modulo: 4-4-2

In onore al calcio di una volta, abbiamo pensato al 4-4-2 come modulo da prendere in considerazione per stilare un'ipotetica top 11 dell'Avellino in massima serie.

Considerata come la più classica delle formule, ma anche quella che, storicamente, ha avuto maggior fortuna e un numero maggiore di varianti tattiche, il 4-4-2 è il modulo che, tra quelli attualmente esistenti, può essere considerato il giusto compromesso tra la fase offensiva e quella difensiva, fasi alle quali tutti i membri della formazione titolare, sia i centrali, sia i laterali di difesa e centrocampo, sono chiamati a partecipare, in base alle esigenze del mister e della squadra in generale.

Ma il 4-4-2, ovviamente, rischia di perdere la sua essenza se, a corredo di una spina dorsale perfetta, non vi sia l'aggiunta di un portiere che, nelle situazioni di emergenza, è chiamato a difendere con le unghia e con i denti la propria porta. Al tempo stesso, al fine di non dissipare le tantissime occasioni create, c'è bisogno di un paio di attaccanti, magari con caratteristiche complementari tra di loro, che sappiano creare scompiglio tra le difese avversarie e che, davanti alla porta, siano implacabili nel gonfiare la rete.

Fatte le dovute premesse tattiche, andiamo a scoprire chi saranno gli undici calciatori che andranno a comporre la nostra formazione biancoverde da sogno.

Il portiere: Tacconi

Il numero uno dei Lupi che andrà a difendere la nostra porta è Stefano Tacconi.

 Arrivato dalla Sambenedettese, nell'estate del 1980, come giovane promessa del calcio italiano, Tacconi stupisce tutti, nel corso di una partita di Coppa Italia disputata al "Partenio" contro il Catania (4-1): in quell'occasione, l'estremo difensore riesce a compiere delle prodezze fenomenali, fornendo complessivamente una prestazione che, di lì a poco, gli varrà un posto inamovibile tra i pali della porta biancoverde.

Tacconi resterà all'Avellino per tre stagioni, dal 1980 al 1983, contribuendo in tutte e tre le annate ad altrettante salvezze dei lupi in Serie A. Le sue performance attireranno l'attenzione della Juventus, dove divenne titolare del periodo post Zoff dal 1983 al 1992 ed entrò anche nel giro della nazionale maggiore, disputando ben 7 incontri con la maglia azzurra.

I difensori: Favero, Romano, Di Somma, Beruatto

A dirigere la retroguardia biancoverde nella nostra top 11, quattro difensori caratterizzati da grande spirito agonistico e voglia di combattere con il coltello tra i denti, anche contro avversari di caratura superiore.

Partiamo da Luciano Favero, giunto in Irpinia nell'anno post terremoto dal Rimini. Il terzino destro, grande grinta e spinta sulla fascia, si distinguerà nelle tre stagioni in maglia biancoverde (1981-84), a tal punto da attirare, nuovamente, le sirene della Juventus, proprio come avvenuto con Tacconi un anno prima. Dopo aver disputato 78 incontri con il sodalizio biancoverde, Favero lascerà i Lupi alla fine della stagione 1983-84, per dirigersi a Torino, dove diventerà un perno fondamentale della difesa bianconera.

Altro calciatore proveniente dalla compagine romagnola è Vincenzo Romano. Inconfondibile per la sua struttura fisica e i suoi capelli lunghi, il libero di Capaccio si mette subito in mostra con la maglia biancoverde, rendendosi protagonista, nel primo anno di massima serie, nel match della prima giornata di ritorno contro il Milan, ancora imbattuto e in procinto di laurerarsi campione d'Italia: memorabile, infatti, la sua rete di testa che permette ai biancoverdi di sconfiggere il Diavolo (1-0), in un "Partenio" infuocato. Approdato alla Roma nel 1980 e dopo aver militato anche nel Genoa e nel Bologna, Romano tornerà all'Avellino nel 1985, dove resterà fino al 1988, anno della retrocessione degli irpini in Serie B

Ad affiancarlo, ecco Salvatore Di Somma, una delle bandiere della compagine irpina in Serie A. Arrivato dal Pescara, nella stagione che sancirà la storica promozione dei Lupi in massima serie, Di Somma si distinguerà per il suo carattere rude e la capacità di incutere timore negli avversari, a costo di difendere, in qualsiasi modo possibile, la squadra biancoverde dagli attacchi avversari. Il difensore stabiese stringerà un legame indissolubile con l'intera piazza, in un periodo drammatico per la storia della nostra provincia: chiuderà, proprio con l'Avellino, nel 1984, dopo 210 presenze tra campionato e Coppa Italia in maglia biancoverde, una straordinaria carriera, tornando poi, nel capoluogo, sia nelle vesti di allenatore che in quelle, attuali, di direttore sportivo del club irpino.

A concludere il pacchetto arretrato della nostra top 11, Paolo Beruatto. Terzino sinistro dotato di inestinguibile forza, arriva dal Monza nel 1978, in occasione della prima, storica stagione dei Lupi in Serie A. Dopo una prima annata difficile e caratterizzata dalle sole 12 presenze, Beruatto diventerà un punto di riferimento nelle due stagioni successive, conquistando il cuore dei tifosi biancoverdi. 70 presenze totali e una rete per il terzino cresciuto nelle giovanili del Torino. Al termine della sua esperienza in biancoverde, Beruatto tornerà proprio alla base, nel 1981, vestendo poi anche la divisa della Lazio, prima di chiudere la carriera a Mantova.

I centrocampisti: Lombardi, Tagliaferri, De Napoli, Dirceu

A centrocampo, tanta nostalgia e un talento Made in Irpinia pronti a far sognare tutti i tifosi.

Partiamo dall'indimenticato capitano dei lupi nella prima stagione in Serie A: Adriano Lombardi. Ad Avellino dal 1975, protagonista della scalata dei biancoverdi verso la massima serie, il "Rosso di Ponsacco", così come spesso viene ribattezzato in quegli anni, si distingue e per la sua classe cristallina e per il suo forte attaccamento alla maglia che non svanirà mai, neanche negli anni successivi al ritiro dal calcio giocato e nel periodo più difficile della sua vita, trascorso a combattere una terribile malattia che non gli lascerà scampo. Adriano Lombardi si spegnerà il 30 novembre 2007, all'età di 62 anni, a causa della Sla. Chiuderà per sempre gli occhi a Mercogliano, in Irpinia, la terra che ha sempre amato e che, a sua volta, ancora oggi contraccambia l'affetto, ricordando doverosamente un calciatore leale ed esemplare.

Un altro calciatore rimasto nel cuore dei tifosi biancoverdi di più vecchia data è Gian Pietro Tagliaferri. Arrivato dalla Spal, nel 1981, Pepo conquisterà subito i supporters irpini per il suo carisma e la sua duttilità. Sarà lui, nel 1984, ad ereditare la fascia di capitano da Salvatore Di Somma che, a sua volta, l'aveva ricevuta da Adriano Lombardi qualche anno prima. 107 presenze e 7 reti per il centrocampista livornese in quattro stagioni con la maglia dell'Avellino, di cui una memorabile, in extremis, nel match contro la Roma della stagione 1983-84 (2-2). Ma il destino sarà crudele anche nei confronti di Pepo: il 21 novembre 2006, nei pressi di Massa, viene coinvolto in un incidente stradale che gli sarà fatale, a soli 47 anni

Corsa, forza, qualità e quantità concentrate tutte nelle gambe di un talento irpino purosangue, Fernando De Napoli. Il centrocampista di Chiusano, dopo la prima, breve parentesi da professionista in Serie B, tra le fila del Rimini, esordisce in Serie A con la squadra della sua terra nella stagione 1983-84. La sua grinta e la sua forte somiglianza con il celebre attore Sylvester Stallone gli valgono l'appellativo di "Rambo" in quegli anni. De Napoli esploderà letteralmente nella compagine irpina, dove giocherà fino al 1986, guadagnandosi anche la convocazione ai Mondiali di Messico 1986, primo e unico calciatore irpino a raggiungere la fase finale della Coppa del Mondo con la nazionale italiana. Il bilancio complessivo è di 73 presenze e 3 reti in tre stagioni per il nostro "Rambo".

Ciliegina sulla torta del nostro centrocampo è rappresentata da José Guimaraes Dirceu. Fuoriclasse girovago e da poco uscito dal giro della nazionale brasiliana, Dirceu arriva in Irpinia nell'estate del 1986. Soltanto una stagione per il fantasista verdeoro, quanto basta per far innamorare i tifosi biancoverdi con la sua classe e i suoi micidiali fendenti dalla distanza, soprattutto su calcio piazzato. Considerato, da molti, come uno dei migliori calciatori in assoluto ad aver vestito la maglia biancoverde, Dirceu disputerà, in quest'occasione, quella che da molti esperti verrà definita come la migliore stagione personale in Italia: 23 presenze e 6 reti per lo Zingaro, che lascerà l'Avellino al termine del campionato. Dirceu è scomparso il 15 settembre 1995, a Rio de Janeiro, a causa di un incidente stradale. Ancora oggi, i tifosi biancoverdi ricordano con tanto affetto le sue preziose giocate e il suo enorme contributo alla causa del club irpino.

Gli attaccanti: Juary, Diaz

Passiamo, quindi, a un tandem d'attacco spettacolare, un mix sudamericano di talento e freddezza sotto porta pronto a far sognare i supporters biancoverdi.

Jorge Dos Santos Filho, per tutti Juary. Il presidente dell'Avellino, Antonio Sibilia, lo preleva dal Tecos di Guadalajara, in Messico, nell'estate dell'80, dopo essersi messo in mostra in patria con la maglia di un Santos in cui, fino a qualche anno prima, aveva giocato un certo Pelé. I dubbi iniziali legati al fisico minuto dell'attaccante brasiliano verranno subito rimpiazzati dalle performance strabilianti del funambolo verdeoro. Juary è incontenibile e la piazza biancoverde danza attorno alla bandierina con lui dopo ogni gol segnato. In due stagioni con la maglia biancoverde, metterà a segno 13 sigilli su 34 incontri. Ancora oggi, è uno dei calciatori più amati di sempre della storia del club biancoverde.

Dalla samba brasiliana al tango argentino. A fare coppia con Juary, nella nostra top 11, è Ramon Angel Diaz. Il centravanti dell'Albiceleste giunge sul gong della sessione di mercato estiva dal Napoli, nel 1983, per raccogliere l'eredità lasciata un anno prima dallo stesso Juary. Classe ed eleganza al servizio della squadra, per tre stagioni in cui Diaz metterà a referto 22 gol in 78 partite, risultando essere il marcatore più prolifico della storia del club in massima serie. Le sue prestazioni in Irpinia gli varranno la chiamata di squadre importanti sul palcoscenico italiano e internazionale, quali Fiorentina, Inter e Monaco, prima del ritorno in patria con la maglia del River Plate e la chiusura della carriera, in Giappone, con gli Yokohama Marinos.

L'allenatore: Vinicio

Un undici titolare di questo calibro non potrebbe esprimersi al meglio, senza un'altrettanta valida guida al timone. 

Riteniamo che l'allenatore a cui affidare un top 11 di grandi campioni sia Luis de Menezes Vinicio. Non possiamo, infatti, sorvolare sul fatto che il tecnico brasiliano sia stato protagonista non solo della salvezza dei lupi nell'annata più difficile del periodo aureo della storia del club (1980-81, la stagione del terremoto, ma anche dei 5 punti di penalizzazione a causa dello scandalo calcioscommesse), ma anche, in occasione della sua seconda avventura sulla panchina biancoverde, del record di punti e dell'ottavo posto conseguito nella stagione 1986-87.

"O Lione", noto già con questo appellativo a Napoli durante la lunga militanza da calciatore, riesce ad apportare anche in Irpinia quella filosofia di calcio totale, all'olandese, con la quale era andato vicino alla conquista del titolo nella città partenopea, nella metà degli anni settanta. Non sempre l'allenatore di Belo Horizonte vedrà ripagati i propri sacrifici: memorabile l'episodio in cui deciderà di rassegnare le dimissioni, a metà della stagione 1981-82, per disguidi con il presidente Sibilia sul mercato di riparazione. Ma, in ogni caso, il pubblico biancoverde gli sarà sempre grato per quanto dato alla causa del club biancoverde in un periodo così tanto difficile per Avellino e per la sua provincia.


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